IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa relativa a controversia in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie iscritta al numero 448 dell'anno 1988 del ruolo generale delle controversie in materia di lavoro promossa da Galloni Mara in Generali, residente in Fiorano Modenese (Modena), rappresentata e difesa dal proc. avv. Vittorino Morselli e nel suo studio, in Modena viale Virginia Reiter, 169, elettivamente domiciliata, attrice, contro l'Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.), sede provinciale di Modena, con sede legale in Roma; rappresentato e difeso dal proc. avv. Franco Saracini del suo ruolo professionale legale, elettivamente domiciliato, in Modena viale Virginia Reiter, 72, presso l'ufficio legale della sede provinciale dell'istituto, convenuto; In punto ad accertamento del diritto alla maggiorazione degli assegni familiari per i figli minori; Il pretore all'esito dell'udienza di discussione della causa del giorno 29 settembre 1988; Esaminati gli atti del giudizio ed i documenti prodotti dalle parti; Sentiti i difensori delle parti stesse, a scioglimento della riserva formulata; O S S E R V A La ricorrente ha proposto nei confronti dell'Istituto nazionale della previdenza sociale domanda di accertamento del suo diritto a percepire, nonche' domanda di condanna dell'ente previdenziale a corrisponderle, pe i due figli minori a carico, la maggiorazione degli assegni familiari prevista dall'art. 5 del d.-l. 29 gennaio 1983 n. 17, convertito con modificazioni nella legge 25 marzo 1983, n. 79, e della tabella allegata al decreto. L'attrice, titolare di pensione a carico della gestione speciale per l'assicurazione contro l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti degli artigiani, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5, quarto comma, del d.-l. n. 17/1983 perche' detta disposizione, stabilendo unicamente e limitativamente che la maggiorazione in questione spetta ai titolari delle pensioni dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti ed ai titolari delle pensioni erogate dalle gestioni obbligatorie di previdenza sostitutiva od, integrative di quella dei lavoratori dipendenti, ovvero che di quest'ultima comportino l'esclusione o l'esonero, non e' estensibile, quindi non attribuisce il diritto alla maggiorazione, ai titolari delle pensioni erogate dalle gestioni speciali dei lavoratori autonomi ed in particolare degli artigiani. L'illegittimita' costituzionale e' stata dedotta con riferimento agli articoli 3, 31 e 38, secondo comma, della Costituzione. La questione di costituzionalita' cosi' prospettata e' rilevante e non e' manifestamente infondata. Poiche' il quarto comma dell'art. 5, nel disciplinare l'attribuzione della maggiorazione degli assegni familiari ai titolari di pensione diversi dai dipendenti in quiescenza dello Stato e degli altri enti pubblici (per i quali provvede il comma successivo), stabilisce specificamente che la maggiorazione spetta ai titolari di pensione dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e delle gestioni speciali di essa sostitutive, integrative, esclusive od esonerative, e' certo ed evidente che la maggiorazione non e' stata attribuita ai titolari di pensione delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (coltivatori diretti, mezzadri, coloni, artigiani ed esercenti attivita' commerciali). Infatti la precisa e circoscritta previsione legislativa non puo' essere intesa ed applicata estensivamente, ad ipotesi non contemplate e quindi lasciata al di fuori del suo ambito di applicazione, ma deve essere interpretata in senso letterale. Le espressioni usate dal legislatore ed il raffronto con le disposizioni precedenti dello stesso articolo indicato inoltre chiaramente la ratio legis di privare del beneficio non solo i percettori di assegni familiari diversi dai prestatori di lavoro subordinato (in tal senso deponendo univocamente i primi tre commi) ma anche i titolari dei relativi trattamenti di previdenza. In base alla normativa vigente e censurata di incostituzionalita' la pretesa della ricorrente e' dunque infondata e del tutto legittimamente l'I.N.P.S. le ha negato la maggiorazione richiesta. Solo se la questione di illegittimita' costituzionale fosse ritenuta fondata ed accolta la domanda attrice, per effetto della pronuncia della Corte costituzionale, diverrebbe meritevole di accoglimento e l'I.N.P.S. sarebbe tenuto e dovrebbe essere dichiarato obbligato e condannato all'erogazione della maggiorazione. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, va rilevato innanzi tutto come la discriminazione operata in danno dei titolari di pensione a carico delle gestioni speciali dell'assicurazione dei lavoratori autonomi (tra essi degli artigiani) non appaia conforme al principio generalissimo e fondamentale di uguaglianza posto dall'art. 3, primo comma, della Costituzione. A tale proposito appaiono pertinenti e convincenti le osservazioni fatte dalla parte attrice con l'atto introduttivo del giudizio e volte a dimostrare l'irrazionalita' e l'ingiustificatezza della diversita' di trattamento riservato dal legislatore ai lavoratori autonomi in pensione successivamente e nonostante che, con l'art. 4 del d.-l. 14 luglio 1980, n. 314, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1980, n. 440, essi erano stati finalmente parificati ai titolari di pensioni a carico del Fondo pensioni per i lavoratori dipendenti quanto alla misura della maggiorazione del trattamento pensionistico in relazione al carico familiare. La nuova alterazione operata dal legislatore nel 1983 dell'uguaglianza a tale riguardo raggiunta dai lavoratori autonomi pensionati nel 1980, rispetto ai lavoratori dipendenti in pensione, appare francamente iniqua sul piano sostanziale e non ragionevole dal punto di vista logico, attesa l'omogenita' delle situazioni personali (quelle di lavoratori non piu' in attivita' ma ormai resi inoperosi dall'eta' o dalle condizioni di salute ovvero di superstiti di lavoratori deceduti) che sono state diversamente regolate, con netto pregiudizio di alcune soltanto, nonostante tutte indistintamente l'art. 38, secondo comma, della Costituzione affermi meritevoli dell'identica considerazione ai fini della adeguatezza, alle esigenze di vita dei lavoratori inabili e delle loro famiglie, dei mezzi di sostentamento che debbono essere ad essi assicurati. La differente natura dell'attivita' svolta prima del pensionamento non sembra ragione giustificativa della disparita' ex novo instaurata tra i lavoratori autonomi ed i lavoratori subordinati, essendo essa ormai superata e divenuta irrilevante per effetto dell'identica condizione personale di titolari di pensione ormai acquisita e che non a caso, ma proprio in attuazione del principio costituzionale di eguaglianza, nel 1980 era stato motivo determinante della disposta uniformita' di trattamento con riferimento, non all'entita' della pensione, ma alla sua maggiorazione in ragione del carico familiare. Tale uniformita' avrebbe dovuto rimanere inalterata anche nel 1983, quanto alla misura della maggiorazione, come lo e' rimasta a partire dal 1 gennaio 1984 quanto alla conservazione del diritto al trattamento per carico di famiglia in relazione al reddito familiare (art. 20 legge 27 dicembre 1983, n. 730). Non e' manifestamente da escludersi neppure la dedotta violazione dell'art. 38, secondo comma, della Costituzione attesa la indubbia ed identica funzione di attuazione di detta disposizione costituzionale che deve essere riconosciuta ad ogni trattamento pensionistico ed a ciascuna delle sue componenti, compresa la maggiorazione per i familiari a carico, attribuita perche' il lavoratore pensionato possa provvedere in misura sufficiente, non solo a se stesso, ma anche ai congiunti privi di autonomia patrimoniale ed alle necessita' dei quali egli deve pertanto sopperire. Poiche' l'art. 38, secondo comma, non distingue i lavoratori autonomi dai lavoratori subordinati, ogni distinzione al riguardo, che non abbia aliunde il suo fondamento, appare arbitraria e succettibile di porsi in contrasto con il dettato costituzionale. Certamente il legislatore ordinario puo' determinare differentemente l'ammontare del trattamento pensionistico per le varie categorie di lavoratori, avendo rigurdo ai presupposti stabiliti per l'acquisizione del relativo diritto ed ai criteri di liquidazione dell'entita' delle prestazione assicurativa, ma non puo' legittimamente operare una disparita' di trattamento in relazione a presupposti identici. Una volta discrezionalmente ritenuta l'insufficienza dell'importo erogato a titolo di assegni familiari (od a titolo equipollente) e la necessita' di un adeguamento in senso maggiorativo, si a favore dei lavoratori in attivita' che in quelli in pensione, non puo' poi il legislatore insindacabilmente privare del piu' favorevole trattamento per il carico di famiglia solo alcune categorie di pensionati i quali, per essere tali e nel contempo per dovere sopportare il peso di familiari economicamente non autosufficienti, si trovano nell'identica situazione di bisogno degli altri titolari di pensione preferiti e possono far valere i medesimi presupposti cui e' stata riconnessa l'attribuzione della maggiorazione che e' stata ad essi invece negata. In tal modo i soggetti discriminati vengono privati di quell'adeguamento del trattamento di pensione alle esigenze complessive dell'intero nucleo familiare che e' stato ritenuto indispensabile ed ad altri concesso. Da ultimo, poiche' lo Stato deve agevolare con misure economiche, non solamente la formazione delle famiglie, ma anche l'adempimento dei compiti relativi (art. 31, primo comma, della Costituzione) e poiche' tra detti compiti rientra con certezza il sostentamento dei membri non ancora (o non piu') in grado di procacciarsi da se' stessi il necessario per vivere, l'istituto degli assegni familiari e delle maggiorazioni della pensione per carichi di famiglia e' sicuramente una delle provvidenze di ordine economico che rientrano tra i compiti indefettibili. Ma se cosi' e', va ritenuto che, pur nell'ampia facolta' di scelta che deve essere riconosciuta dal legislatore ordinario, questi non possono operare distinzioni e trattare diversamente famiglia e famiglia, se non in conseguenza di situazione oggettive realmente differenti, debitamente valutate e ragionevolmente comparate. Non gli e' invece consentita l'istituzione di misure economiche agevolative da attribuire ad alcune famiglie soltanto, arbitrariamente privandone altre. Orbene l'art. 5, quarto comma, del d.-l. n. 17/1983, che va letto anche in relazione al comma successivo, estensivo della maggiorazione a tutti indistintamente i pubblici dipendenti in quiescenza, ai fini dell'attribuzione del maggiore trattamento per carichi di famiglia non ha riguardo all'ammontare della pensione od alle condizioni patrimoniali o reddituali complessive ed attuali del pensionato o dell'intero suo nucleo familiare, bensi' alla sola natura dell'attivita' lavorativa a suo tempo esercitate dal titolare della pensione ed alla conseguenza forma di previdenza delle cui prestazioni egli fruisce. Indipendentemente dall'ammontare della pensione, come dalla ricorrenza di una condizione di effettivo bisogno, anche solo astrattamente considerata, la maggiorazione degli assegni familiari e' stata attribuita unicamente ai pensionati che furono lavoratori dipendenti (pubblici o privati) e non ai titolari di pensione (normalmente di importo molto inferiore a quelle degli altri) che furono lavoratori autonomi. Una scelta siffatta e' ictu oculi ingiustificata e collide con tutti i parametri di legittimita' costituzionale esaminati, essendo contraria al principio di uguaglianza, al dovere dello Stato di tutela della famiglia e di uno dei suoi compiti essenziali, al diritto di una previdenza sociale adeguata, sufficiente o non discriminatoria. La questione sollevata dalla parte attrice merita pertanto di essere portata all'esame della Corte costituzionale. Va pertanto promosso il procedimento incidentale di costituzionalita' con la rimessione degli atti al giudice delle leggi e con contestuale sospensione del giudizio.